• User

    @valijolie ha detto in Shaking the cushions, ovvero: decenni di reputazione buttati nel cesso per Google:

    @lumar ha detto in Shaking the cushions, ovvero: decenni di reputazione buttati nel cesso per Google:

    Però sembra molto difficile anche avere notizie fresche e aggiornate dagli USA.

    Megan Gray è l'editorialista di Wired, una legale e consulente che lavora su temi che intersecano legge, governo e affari, e sta praticamente facendo il live twitting del trial, spiegando anche come e perché Google ne stia ostacolando la copertura mediatica.

    L'ultimo thread a riguardo è qui https://twitter.com/megangrA/status/1711942477513466166

    in pratica non si hanno gli elenchi dei testimoni, i documenti vengono archiviati sigillati e non vengono mostrati durante il processo ma solo citati, le testimonianze vengono riferite molti giorni dopo, le trascrizioni sono costose e non possono essere ripubblicate...ecc.

    È chiaro che c'è un interesse a tutelarsi rispetto all'opinione pubblica, motivo per cui i dibattiti sono difficili.

    Se le persone non vedono le prove di ciò di cui ti accusano, tu puoi raccontare la tua versione della storia e dire "è sbagliato, ma purtroppo non avete il permesso di vedere il motivo per cui diciamo che è sbagliato".

    Un po' grottesco se non inquietante per l'azienda Google che ha come mission "organizzare le informazioni del mondo e renderle universalmente accessibili e utili"

    Forse, proprio "editorialista di Wired" no... In calce all'articolo rimosso c'erano le seguenti informazioni:

    "Megan Gray è la fondatrice di GrayMatters Law & Policy a Washington, DC, e pubblica su X come @‌megangrA.
    L'Opinione di WIRED pubblica articoli scritti da contributori esterni che rappresentano una vasta gamma di punti di vista. (...) Invia un articolo a [email protected].
    "

    Inoltre, nel testo scritto da Gray, c'è questo passaggio:

    " *Ora, lo schermo del proiettore mostrava una diapositiva interna di Google riguardo alle modifiche apportate al suo algoritmo di ricerca.

    Stavo assistendo al processo per un interesse professionale di lunga data. In passato avevo combattuto contro il team legale di Google mentre ero alla Federal Trade Commission, e avevo fatto il tifo in tutto il mondo per la concorrenza tra i motori di ricerca in qualità di dirigente di DuckDuckGo. Conosco fin troppo bene i giochi segreti e il gioco delle parole di Google. Con il processo praticamente nel mio cortile, non potevo rimanere lontano dal dramma."

    Faccio quindi fatica a ritenere attendibile una fonte "giornalistica" così chiaramente schierata e contraria a Google, così come non mi fido ciecamente di ciò che afferma Google, schierato a difendere se stesso.😉

    Avevo anche preso in considerazione, quando lessi l'articolo, il fatto del processo che si sta svolgendo prevalentemente a porte chiuse, etc etc...

    Però, per quanto siano poco aperte le porte, noto che, a parte ciò che pubblica Megan Gray (su X), e qualcosa su Search Engine Land, non ci sono contributi da importanti firme o testate USA, al momento (proverò a fare ulteriori ricerche).

    Il che mi sembra strano (in Italia, invece... no, non mi sembra strano 😔 ).

    E nessuno - al momento - ha scritto quello che ha scritto Megan Gray (e non perché l'ha letto da Megan Gray, ma perché era presente al processo 🖐 ).

    Il che - pure questo - mi sembra strano...

    Ma strano perché mi fa pensare che - forse - Megan Gray abbia davvero volutamente travisato e calcato la mano. (Il che non renderebbe onore a un giornalismo d'inchiesta serio🤔 ).


    valijolie 1 Risposta
  • Super User

    @lumar ha detto in Shaking the cushions, ovvero: decenni di reputazione buttati nel cesso per Google:

    Forse, proprio "editorialista di Wired" no... In calce all'articolo rimosso c'erano le seguenti informazioni:

    Perdonami, avrei dovuto scrivere che è l'autrice dell'articolo su Wired per non risultare ambigua, ma editorialista in italiano vuol dire giornalista che scrive editoriali o che ha scritto un dato editoriale.

    Qui c'è il suo profilo linkedin https://www.linkedin.com/in/megangra/

    Non è una giornalista in effetti, ma il suo curriculum come consulente legale su temi sensibili mi sembra concreto e anche se è una ex di DuckDuckGo...non vedo errori nel fare il tifo per la libera concorrenza tra motori di ricerca.
    Mi è sembrato comunque molto professionale ammettere di aver scritto cose sbagliate nel suo articolo https://twitter.com/megangrA/status/1711035363756486664

    Per quanto riguarda la copertura, con una ricerca su X-Twitter si trova altro:

    https://twitter.com/leah_nylen
    è una giornalista di Bloomberg che copre le notizie su Antitrust, anche lei fa report quotidiani.

    https://twitter.com/doctorow
    report anche da lui che è giornalista e autore di romanzi, attivista per i diritti digitali


    lumar giorgiotave 2 Risposte
  • Contributor

    @valijolie ha detto in Shaking the cushions, ovvero: decenni di reputazione buttati nel cesso per Google:

    Un po' prepotente come reazione, o no? Solitamente si chiedono le rettifiche ;D

    Fossi stato io il chief editor di Wired l'avrei segato uguale.

    Se scrivi una roba del genere devi essere certo al 100% che quello che riporti sia tecnicamente corretto.

    Altrimenti ti spari nei piedi.

    Andava revisionato 8 volte prima di pubblicarlo e chiaramente non è stato fatto.

    @lumar ha detto in Shaking the cushions, ovvero: decenni di reputazione buttati nel cesso per Google:

    Ma strano perché mi fa pensare che - forse - Megan Gray abbia davvero volutamente travisato e calcato la mano.

    Secondo me semplicemente ha fatto un errore grossolano. Ha preso il concetto di query expansion che si usa in Information Retrieval da decine d'anni... e l'ha interpretato al contrario.

    Sarà che sono un po' un nerd dei motori di ricerca, ma non ritengo che errori del genere siano ammissibili... se vuoi essere presa sul serio.

    Il che è un peccato perché c'è un gran bisogno di prendere sta storia sul serio...


    lumar 1 Risposta
  • User

    @valijolie ha detto in Shaking the cushions, ovvero: decenni di reputazione buttati nel cesso per Google:

    @lumar ha detto in Shaking the cushions, ovvero: decenni di reputazione buttati nel cesso per Google:

    Forse, proprio "editorialista di Wired" no... In calce all'articolo rimosso c'erano le seguenti informazioni:

    Perdonami, avrei dovuto scrivere che è l'autrice dell'articolo su Wired per non risultare ambigua, ma editorialista in italiano vuol dire giornalista che scrive editoriali o che ha scritto un dato editoriale.

    Qui c'è il suo profilo linkedin https://www.linkedin.com/in/megangra/

    Non è una giornalista in effetti, ma il suo curriculum come consulente legale su temi sensibili mi sembra concreto e anche se è una ex di DuckDuckGo...non vedo errori nel fare il tifo per la libera concorrenza tra motori di ricerca.
    Mi è sembrato comunque molto professionale ammettere di aver scritto cose sbagliate nel suo articolo https://twitter.com/megangrA/status/1711035363756486664

    Per quanto riguarda la copertura, con una ricerca su X-Twitter si trova altro:

    https://twitter.com/leah_nylen
    è una giornalista di Bloomberg che copre le notizie su Antitrust, anche lei fa report quotidiani.

    https://twitter.com/doctorow
    report anche da lui che è giornalista e autore di romanzi, attivista per i diritti digitali

    Mi scuso anche io: non ritengo sbagliato fare il tifo "per la libera concorrenza tra motori di ricerca" (e la libera concorrenza in generale). 😉

    Credo però sia giusto, quando si scrive di qualcosa - soprattutto su un media importante, ma non solo - , verificare bene se non si sia equivocato o frainteso, approfondire accuratamente, non farsi prendere dall'urgenza dello scoop e della denuncia.
    Altrimenti si rischia di fare cattiva informazione (e anche di danneggiare la propria causa). 🤓

    Lo dico in questo caso, ma solo perché adesso stiamo parlando di questo.

    All'Università, avevo docenti sociologi che insegnavano e raccomandavano di condurre indagini, inchieste o eventuali "battaglie" con estrema attenzione, ricerca, rigore etico ed equilibrio, per evitare la trappola della parzialità, che tutto vanifica.
    (Oltretutto, se non ricordo male, nell'articolo c'erano un tono e anche delle espressioni abbastanza pesanti, al limite dell'insulto: può darsi che ai lettori di Megan Gray questo vada bene... Ma se vuoi coinvolgere e convincere o almeno far pensare chi non sta dalla tua parte, non ci riuscirai mai.) 😀

    In non difesa di Wired😉 , aggiungo che, nel corso dei miei studi, imparai anche come dovrebbe essere fatta una rettifica: non solo in primo piano, ma anche correttamente e chiaramente motivata e spiegata (altrimenti a molti resterà il ricordo della notizia sbagliata, e altri penseranno - come in questo caso - che sia stata operata una censura a favore di Google).

    Quindi pure Wired, nel caso specifico, non ha reso onore alla buona informazione.😅


    Riguardo Bloomberg, ieri sera avevo scovato un articolo in rete, ma devo ancora leggerlo bene.
    Grazie per le altre fonti, farò un giro (forse ne sto trovando altre, ma prima di lanciarmi a segnalarle qui preferisco approfondire 😉 ).

    Comunque mi fa sorridere il fatto che dobbiamo andare su X per scovare qualcosa in più e di più aggiornato.

    E mi fa morire dal ridere che X sia diventato X ma twitter.com è sempre twitter.com 😂


  • User

    @kal ha detto in Shaking the cushions, ovvero: decenni di reputazione buttati nel cesso per Google:

    @lumar ha detto in Shaking the cushions, ovvero: decenni di reputazione buttati nel cesso per Google:

    Ma strano perché mi fa pensare che - forse - Megan Gray abbia davvero volutamente travisato e calcato la mano.

    Secondo me semplicemente ha fatto un errore grossolano. Ha preso il concetto di query expansion che si usa in Information Retrieval da decine d'anni... e l'ha interpretato al contrario.

    😂 😂 😂


  • User

    @kal Ho come l'impressione che in fondo loro sapessero qualcosa.

    Ma se non si azzarderanno a fare nulla o avessero chiuso un occhio, non ti viene il sospetto che abbiano paura che gli si ritorca contro perché anche loro hanno molti scheletri nell'armadio?


    kal 1 Risposta
  • Contributor

    @andreabo ha detto in Shaking the cushions, ovvero: decenni di reputazione buttati nel cesso per Google:

    Ho come l'impressione che in fondo loro sapessero qualcosa.

    Alcuni? È altamente probabile, ad esempio tra i top del top e tra i concorrenti diretti (Amazon sopra a tutti, dato che è SIA un inserzionista CHE un concorrente diretto di Google).

    Ma ci sono sicuramente un gran numero di inserzionisti global di grosso calibro (sopra citavo Booking) che mi aspetto siano sufficientemente grossi per avere una reazione... ma non abbastanza grossi da riuscire ad intrallazzare tète a tète, per così dire.


    A 1 Risposta
  • User

    @kal ha detto in Shaking the cushions, ovvero: decenni di reputazione buttati nel cesso per Google:

    @andreabo ha detto in Shaking the cushions, ovvero: decenni di reputazione buttati nel cesso per Google:

    Ho come l'impressione che in fondo loro sapessero qualcosa.

    Alcuni? È altamente probabile, ad esempio tra i top del top e tra i concorrenti diretti (Amazon sopra a tutti, dato che è SIA un inserzionista CHE un concorrente diretto di Google).

    Ma ci sono sicuramente un gran numero di inserzionisti global di grosso calibro (sopra citavo Booking) che mi aspetto siano sufficientemente grossi per avere una reazione... ma non abbastanza grossi da riuscire ad intrallazzare tète a tète, per così dire.

    Alcuni come Booking potrebbero considerarlo un danno collaterale necessario o inevitabile in una situazione di monopolio.
    Sempre che non abbiano accordi sottobanco. L'omertà secondo me è molto diffusa.


    kal 1 Risposta
  • Contributor

    @andreabo ha detto in Shaking the cushions, ovvero: decenni di reputazione buttati nel cesso per Google:

    Sempre che non abbiano accordi sottobanco.

    Gli accordi sottobanco se li fai, li fai con pochi, POCHISSIMI. Altrimenti non sono più sottobanco e diventano prassi.


  • Community Manager

    @valijolie ha detto in Shaking the cushions, ovvero: decenni di reputazione buttati nel cesso per Google:

    Per quanto riguarda la copertura, con una ricerca su X-Twitter si trova altro:

    Grazie per l'hashtag https://twitter.com/search?q=usvsgoogle

    Ma hai visto (lo chiedo anche a @kal) articoli specifici o tweet specifici sulla brand protection? Cioè che spiegano che quel rollback intacca le chiavi brand e quindi sono soldi delle aziende?


    kal C 2 Risposte
  • Contributor

    @giorgiotave ha detto in Shaking the cushions, ovvero: decenni di reputazione buttati nel cesso per Google:

    Ma hai visto (lo chiedo anche a @kal) articoli specifici o tweet specifici sulla brand protection? Cioè che spiegano che quel rollback intacca le chiavi brand e quindi sono soldi delle aziende?

    No, nulla di specifico. Sono legittime conclusioni, ma non ho visto articoli che trattassero la questione nel dettaglio.

    Ma ad essere onesto, anche su RGSP non ho visto approfondimenti... quando poi il meccanismo di aumento surrettizio della revenue per Google è plateale (se declassi artificialmente il vincitore dell'asta in seconda posizione, il sistema di smart bidding automaticamente alzerà le offerte... l'unica cosa che vedrà l'inserzionista è un aumento del CPC medio).

    Nel frattempo comunque c'è stata la testimonianza di Arjan Dijk, un dirigente di Booking:

    https://twitter.com/leah_nylen/status/1712136254970581254


  • User Attivo

    @giorgiotave ho visto il tuo video su YouTube, ma dopo me lo guardo meglio. Incredibile che ci sia gente che difende l'indifendibile per sta storia del +5% e +10% o per il cambio dei posizionamenti nonostante il costo pagato per essere in prima posizione, ma da ciò che ho notato questi difensori sono seo da cui è meglio stare alla larga in cerca di soldi da spennare ai polli e presunti scagnozzi / fan di Google che usano sempre quella psicologia spiccia e risposte buttate li (è un'azienda, deve guadagnare, per accontentare l'utente SEEEEEEE). Sinceramente mi sentirei "fregato" se chiedessi a qualcuno di cui mi fido di comprarmi qualcosa dicendogli che voglio spendere al massimo 1000 euro e poi lui la trova a 900, ma mi dice che l'ha pagata 990 e i 90 euro se li intasca lui senza dirmi nulla.


    A 1 Risposta
  • User

    @cutoff ma alla fine anche @giorgiotave difende sempre Google! 😉 Non fa che continuare a parlarne come se fosse l'unico e non ci fossero alternative, anche solo parziali.

    Cito un articolo: "Alphabet è crollata del 10% dopo che i ricavi di Google Cloud hanno mancato (di poco, per la verità) le stime. Tuttavia, Alphabet ha dichiarato che le entrate pubblicitarie sono state migliori del previsto nel terzo trimestre, ma questo al mercato non è bastato."

    Chissà da dove sono venute le entrate pubblicitarie che hanno quasi salvato il bilancio 😉

    Cito:

    "Il modello imprenditoriale di Google è spionistico". Il motore di ricerca? Un colossale strumento di sorveglianza di massa, l'incarnazione dei più foschi incubi totalitaristici. Sono le tesi al centro del libro di Julien Assange che parte dal racconto dell'incontro tra il creatore di Wikileaks e l'amministratore delegato di Google Eric Schmidt avvenuto nel 2011 in Inghilterra.

    Temi ripresi da Assange in una recente intervista alla BBC, nella quale ha paragonato il motore di ricerca Google all'NSA, l'Agenzia americana per la sicurezza. Google, ha dichiarato Assange, "fa più dell'80% del fatturato raccogliendo informazioni sulle persone, aggregandole, archiviandole e classificandole. Costruisce profili della gente per poterne prevedere gli interessi e il comportamento e vende questi profili principalmente alle agenzie di pubblicità".

    Google "È parte costituente dell'industria (americana, n.d.t.) della difesa con un ruolo ufficiale dal 2009", secondo Assange che ha aggiunto che "a livello istituzionale Google è profondamente implicato nella politica estera degli Stati Uniti".
    (.....)
    "Per assicurarsi il dominio del mercato globale, un monopolio di servizi internet americano non può limitarsi a fare il proprio lavoro, disinteressandosi della politica. L'egemonia economica e strategica degli Stati Uniti diventa un pilastro essenziale della sua capacità di dominare il mercato. Cosa deve fare una megacorporation per conquistare il mondo? Deve diventare una parte dell'"impero del bene" originario.
    "Ma la forza della sua immagine positiva («qualcosa di più di una semplice impresa») si deve in parte proprio alla sensazione che Google non si comporti come una qualsiasi multinazionale grande, grossa e cattiva. La sua politica di adescare gli utenti con la promessa di gigabyte di "archiviazione gratuità" serve a dare l'impressione che sia disposta a regalarci qualcosa, in contrasto col principio imprenditoriale della ricerca del profitto. Tutto ciò favorisce la visione di Google come impresa essenzialmente filantropica - una macchina magica presieduta da esseri visionari ultraterreni - intenzionata a creare un futuro utopistico. L'azienda appare molto interessata a diffondere quest'immagine di sé, finanziando iniziative volte a sviluppare la "responsabilità d'impresa" per produrre "cambiamento sociale", sul modello di Google Ideas. Ma come dimostra quest'ultima, i suoi sforzi "filantropici" aumentano in modo imbarazzante la sua vicinanza al lato imperialista del soft power americano. Si pensi a cosa accadrebbe se fossero i mercenari della sicurezza come la Blackwater/Xe Services/Academi a condurre un progetto del genere di Google Ideas. Google invece, in qualche modo, ha ottenuto carta bianca."

    @giorgiotave sei ovviamente un divulgatore di internet e web marketing, ma non sarebbe il caso di iniziare a guardare in modo un po' più ampio e complesso quello che succede a Google, anziché vedere solo il lato tecnologico e poi cadere dal pero quando si scopre che Google ruba?

    Perché sono convinto che verranno fuori cose ben peggiori prima o poi che porteranno problemi per tante persone e chi ha diffuso il verbo di Google senza troppi scrupoli, per quanto piccolo, sarà ritenuto complice, giustamente, perché chi fa informazione ha una responsabilità verso il suo pubblico e non può permettersi di dire: "non lo sapevo".


  • User Attivo

    @andreabo quando ho parlato di seo che difendono Google non mi riferivo a nessuno che sta in questo forum, inoltre Giorgio nel suo video non è stato molto delicato con Google nelle sue affermazioni. Mi riferivo invece ai seo venditori di fuffa che si trovano su Twitter e che ogni giorno vanno a dire quando sia schifoso ogni sito penalizzato da Google, ma non sono in grado di vedere cosa propone la serp. Se non sai analizzare la serp e vedere come è diventata come pretendi di far risalire un sito? Se sei un benzinaio e nella strada dove lavori ti metto altri 5 benzinai davanti a te, pensi che gli affari saranno come prima? Stessa cosa vale per le "Persone hanno chiesto anche" nelle prime posizioni, gli annunci shopping + altri 4 annunci, adesso arriveranno anche gli annunci in mezzo ai risultati organici (quelli shopping ci sono già). Incasinando la Serp Google ha avuto entrate maggiori del +11%, inoltre tutto è finalizzato all'addestramento della sua intelligenza artificiale secondo me. Guarda Reddit che nonostante il lecchinaggio di Google che gli ha dato più visibilità (e ora è chiaro il perché), adesso stanno pensando di bloccare del tutto i bot di Google https://www.theverge.com/2023/10/20/23925504/reddit-deny-force-log-in-see-posts-ai-companies-deals.

    Bello anche questo articolo https://www.euronews.com/2023/10/26/huge-sell-off-at-google-as-tech-giant-loses-value-of-disney-overnight Come possiamo aspettarci che questi di google lavorino per gli utenti quando è chiaro che invece il fine sono solo e sempre, soltanto i soldi? Niente di sbagliato nel voler fare profitti, se non danneggi gli altri però. Chiaramente tutto questo porterà alla loro distruzione perché quando tiri troppo la corda alla fine si spezza.


    A 1 Risposta
  • User Attivo

    Il processo continua. Google inoltre continua con i suoi aggiornamenti quest'anno https://thecapitolforum.com/google_antitrust_trial_2023/


  • Contributor

    E intanto notizia leggera... Abbiamo la colonna sonora ufficiale 🤣


  • User Attivo

    Tra poco ad Apple anche una fettina di lato B. "Ci scelgono perché siamo i migliori" ... e come no
    https://www.macitynet.it/google-ad-apple-il-36-dei-ricavi-sulle-ricerche-da-safari/


  • User

    @cutoff La decentralizzazione non è utopia, è già qui.

    Basta non parlare sempre solo di Google (come fa non solo @giorgiotave, ovviamente) e avere uno sguardo più critico.

    https://www.guerredirete.it/il-futuro-dei-social-e-decentralizzare/


  • User

    @giorgiotave @kal @valijolie

    La Fine della Ricerca Google
    Edward Zitron ha scritto una dettagliata storia su come la ricerca Google è stata distrutta e chi ne è responsabile.

    L’articolo di Zitron (ricco anche di fonti di approfondimento) evidenzia come la ricerca di profitto e la crescita a tutti i costi abbiano portato a decisioni dannose per la qualità del servizio di ricerca Google, culminando nella sostituzione di Ben Gomes con Prabhakar Raghavan (vi era un conflitto interno tra i team di ricerca e pubblicità), il quale ha portato a una maggiore enfasi sugli annunci pubblicitari e contenuti ottimizzati per i motori di ricerca a scapito dell’esperienza utente.

    Ecco l'articolo (tradotto con Monica.AI)

    L'Uomo Che Ha Ucciso la Ricerca Google

    Questa è la storia di come è morta la Ricerca Google e delle persone responsabili della sua eliminazione.

    La storia inizia il 5 febbraio 2019, quando Ben Gomes, responsabile della ricerca di Google, ha avuto un problema. Jerry Dischler, allora VP e General Manager of Ads di Google, e Shiv Venkataraman, allora VP of Engineering, Search and Ads on Google properties, avevano definito un "codice giallo" per le entrate di ricerca a causa, cito, di "una costante debolezza nei numeri giornalieri" e di una probabilità che avrebbe chiuso il trimestre significativamente indietro.

    Per coloro che non hanno familiarità con il gergo interno di Scientology di Google, lasciate che vi spieghi. Un "codice giallo" non è, come si potrebbe pensare, una crisi di moderata gravità. Il giallo, secondo il libro rivelatore di Steven Levy su Google, si riferisce - e prometto che non me lo sto inventando - al colore di una canotta che l'ex vicepresidente dell'ingegneria Wayne Rosing indossava durante il suo periodo in azienda. È essenzialmente l**'equivalente di DEFCON 1 e attiva, come ha spiegato Levy, una situazione simile a una war room in cui i lavoratori vengono tirati fuori dalle loro scrivanie e in una sala conferenze dove affrontano il problema come priorità assoluta**. Qualsiasi altro progetto o preoccupazione viene messo da parte.

    Nelle e-mail rilasciate nell'ambito del caso antitrust del Dipartimento di Giustizia contro Google, Dischler ha esposto diversi fattori che hanno contribuito: la crescita delle query di ricerca è stata "significativamente inferiore alle previsioni", la "tempistica" dei lanci delle entrate è stata significativamente indietro e una vaga preoccupazione che esistessero "diverse debolezze specifiche e settoriali degli inserzionisti" nella ricerca.

    Dovrei notare che in precedenza, ed erroneamente, ho fatto riferimento al "codice giallo" come qualcosa che Gomes ha sollevato come mezzo per richiamare l'attenzione sulla vicinanza degli annunci di Google che si avvicinano troppo alla ricerca. La verità è molto più cupa: il Codice Giallo è stato il rombo dell'economia putrefatta, con il braccio delle entrate di Google che lanciava l'allarme che la sua gallina dalle uova d'oro non stava deponendo abbastanza uova. Gomes, un Googler di 19 anni che ha gettato le basi dei moderni motori di ricerca, dovrebbe diventare una delle poche persone nel campo della tecnologia che ha effettivamente combattuto per un principio reale, distrutto e sostituito da Prabhakar Raghavan, un traditore della classe informatica che si è schierato con la consulenza direzionale sez. In modo ancora più confuso, uno dei problemi era che non vi era una crescita sufficiente delle "query", ovvero della quantità di cose che le persone chiedevano a Google. È un po' come se Ford decidesse che le cose stanno andando male perché gli autisti non percorrono abbastanza chilometri sui loro camion.

    Ad ogni modo, pochi giorni prima, il 1° febbraio 2019, Kristen Gil, allora vicepresidente Business Finance Officer di Google, aveva inviato un'e-mail a Shashi Thakur, allora vicepresidente di Ingegneria, Ricerca e Discover di Google, dicendo che il team pubblicitario aveva preso in considerazione un "codice giallo" per "colmare il divario di ricerca che [stava] vedendo", riferendosi vagamente a quanto fosse fondamentale quella crescita per un "piano aziendale" senza nome. Per essere chiari, questa email era in risposta a Thakur che affermava che non c'era "niente" che il team di ricerca potesse fare per operare con la fedeltà della crescita richiesta dagli annunci.

    Il 2 febbraio 2019, appena un giorno dopo, Thakur e Gomes hanno condiviso le loro ansie con Nick Fox, vicepresidente della ricerca e assistente Google, entrando in un dibattito durato più giorni sull'improvvisa sete di crescita di Google. Il thread è una finestra oscura sul mondo della tecnologia incentrata sulla crescita, in cui Thakur elenca i molteplici punti di disconnessione tra gli annunci e i team di ricerca, discutendo di come il team di ricerca non sia stato in grado di ottimizzare con precisione il coinvolgimento su Google senza "hackerare il coinvolgimento", un termine che significa effettivamente indurre gli utenti a trascorrere più tempo su un sito e che ciò li porterebbe ad "abbandonare il lavoro su percorsi efficienti". In un'e-mail, Fox aggiunge che c'era "una disconnessione piuttosto grande tra ciò che vogliono la finanza e la pubblicità" e ciò che stava facendo la ricerca.

    Quando Gomes respinse le molteplici richieste di crescita, Fox aggiunse che tutti e tre erano responsabili della ricerca, che la ricerca era "il motore delle entrate dell'azienda" e che il baratto con i team pubblicitari e finanziari era potenzialmente "la nuova realtà" del loro lavoro.

    Il 6 febbraio 2019, Gomes ha affermato di ritenere che la ricerca "si stia avvicinando troppo ai soldi" e ha concluso la sua email affermando di essere "preoccupato che la crescita sia tutto ciò a cui Google stava pensando".

    Il 22 marzo 2019, Darshan Kantak, vicepresidente del Product Management di Google, dichiarerà gialla la fine del codice. Il thread consisteva principalmente in e-mail di congratulazioni finché Gomes non ha risposto congratulandosi con il team, affermando che i piani architettati come parte del codice avrebbero funzionato bene durante tutto l'anno.

    Prabhakar Raghavan, allora responsabile della pubblicità di Google e vera mente dietro il codice giallo, avrebbe risposto bruscamente, dicendo che gli attuali obiettivi di entrate erano stati affrontati "da un'eroica ingegneria RPM" e che "la morbidezza delle query di base è continuata senza mitigazione" - un modo molto goffo di dire che, nonostante questi cambiamenti, la crescita delle query non si stava verificando.

    Il giorno dopo, Gomes ha inviato a Fox e Thakur un'e-mail che intendeva inviare a Raghavan. Ha guidato dicendo che era “seccato sia a livello personale che a nome della squadra di ricerca”. in una lunga email, ha spiegato come si potrebbe aumentare il coinvolgimento con la Ricerca Google, ma ha aggiunto in particolare che potrebbero "aumentare abbastanza facilmente le query a breve termine in modo negativo per l'utente", come disattivare la correzione ortografica, disattivare i miglioramenti del ranking o posizionare perfezionamenti - di fatto etichette - in tutta la pagina, aggiungendo che era "possibile che qui ci siano dei compromessi tra diversi tipi di negatività degli utenti causati dall'engagement hacking" e che era "profondamente a disagio con questo". Ha anche aggiunto che questo era il motivo per cui non credeva che le query fossero una buona metrica per misurare la ricerca e che la migliore difesa dalla debolezza delle query era creare "esperienze utente avvincenti che inducano gli utenti a tornare".

    Nell'aggiornamento principale della ricerca di marzo 2019, avvenuto circa una settimana prima della fine del codice giallo, si prevedeva che fosse "uno dei più grandi aggiornamenti della ricerca da molto tempo". Tuttavia, quando è stato lanciato, molti hanno scoperto che l'aggiornamento ripristinava per lo più le modifiche e il traffico stava aumentando verso i siti che erano stati precedentemente soppressi dall'aggiornamento "Penguin" di Ricerca Google del 2012 che prendeva di mira specificamente i risultati di ricerca contenenti spam, così come quelli colpiti da un aggiornamento. dal 1 agosto 2018, pochi mesi dopo che Gomes è diventato capo della ricerca.

    Anche se immagino che i tempi dell'aggiornamento principale di marzo 2019, insieme all'aumento del traffico verso i siti precedentemente soppressi, suggeriscono fortemente che la risposta di Google al Codice Giallo è stata quella di ripristinare le modifiche apportate per mantenere la qualità dei risultati di ricerca.

    Pochi mesi dopo, nel maggio 2019, Google avrebbe implementato una riprogettazione del modo in cui gli annunci vengono visualizzati sulla piattaforma nella ricerca mobile di Google, sostituendo l'etichetta "annuncio" verde brillante e il colore dell'URL sugli annunci con una piccola nota nera in grassetto che diceva " ad", con il collegamento che altrimenti appare identico a un normale collegamento di ricerca. Immagino che sia così che hanno iniziato a colpire i loro numeri seguendo il codice giallo.

    Nel gennaio 2020, Google avrebbe portato questa modifica sul desktop, che Jon Porter di The Verge suggerirebbe di far sì che "gli annunci di Google ora assomiglino proprio ai risultati di ricerca".

    Cinque mesi dopo, poco più di un anno dopo la debacle di Code Yellow, Google avrebbe nominato Prabhakar Raghavan il capo della Ricerca Google, con Jerry Dischler al suo posto come capo della pubblicità. Dopo quasi 20 anni di sviluppo della Ricerca Google, Gomes sarebbe stato relegato a SVP of Education presso Google. Gomes, che era una parte fondamentale del team originale che ha fatto funzionare Ricerca Google, a cui è stato riconosciuto il merito di aver stabilito la cultura del motore di ricerca più grande e importante del mondo, è stato cacciato da un gruppo manageriale affamato di crescita guidato da Prabhakar Raghavan, un consulente aziendale che indossa un costume da ingegnere.

    Una breve nota: ho usato “consulente di gestione” come peggiorativo. Sebbene mostri gli stessi comportamenti moralmente privi di guida di un consulente aziendale, da quello che posso dire Raghavan non ha mai lavorato in quel particolare settore dell'economia.

    Ma sai chi ce l'ha? Sundar Pichai, che in precedenza ha lavorato presso McKinsey, probabilmente la società moralmente più ripugnante che sia mai esistita, avendo avuto un ruolo sia nella crisi finanziaria del 2008 (dove ha incoraggiato le banche a caricarsi di debito e titoli garantiti da mutui difettosi) sia nell'attuale oppioide crisi, dove ha effettivamente consigliato Purdue Pharma su come “incrementare la crescita” delle vendite di Oxycontin. McKinsey ha pagato quasi 1 miliardo di dollari in diversi accordi grazie al suo lavoro con Purdue. Mi sto distraendo, ma un ultimo punto. McKinsey è attivamente contro il lavoro. Quando un’azienda si rivolge a un consulente McKinsey, spesso è lì per consigliare come “ridurre i costi”, il che inevitabilmente significa licenziamenti e outsourcing. McKinsey sta alla classe media come i batteri carnivori stanno ai tessuti sani.

    Queste e-mail sono un chiaro esempio della mostruosa mentalità della crescita a tutti i costi che domina l’ecosistema tecnologico, e se togli una cosa da questa newsletter, voglio che sia il nome Prabhakar Raghavan e la consapevolezza che ci sono persone responsabili dello stato attuale della tecnologia.

    Queste e-mail – che ti incoraggio a cercare – raccontano una storia drammatica su come i team finanziari e pubblicitari di Google, guidati da Raghavan con la benedizione del CEO Sundar Pichai, hanno lavorato attivamente per peggiorare Google e far guadagnare all’azienda più soldi. Questo è ciò che intendo quando parlo di Rot Economy: la mentalità illogica e distruttiva del prodotto che trasforma i prodotti che ami in quasi-strumenti tortuosi e frustranti che richiedono di combattere le intenzioni dell'azienda per ottenere il servizio che desideri.

    Eroi e cattivi

    Ben Gomes è un eroe. È stato determinante nel far funzionare la ricerca, sia come prodotto che come business, entrando a far parte dell'azienda nel 1999, molto prima che Google stabilisse il dominio nel settore e lo stesso anno in cui Larry Page e Sergey Brin tentarono di vendere l'azienda a Excite. per 1 milione di dollari, per poi andarsene dopo che Vinod Khosla (un investitore di Excite e co-fondatore di Sun Microsystems) ha abbassato la coppia con un'offerta di 750.000 dollari.

    In un’intervista con Harry McCracken di FastCompany del 2018, Gomes ha definito la sfida di Google come “portare [l’algoritmo del PageRank] da una macchina a un intero gruppo di macchine, e all’epoca non erano macchine molto buone”. Nonostante il suo impatto e il suo mandato, Gomes è stato nominato responsabile della ricerca solo a metà del 2018, dopo che John Giannandrea si è trasferito ad Apple per lavorare sulla strategia di machine learning e intelligenza artificiale. Gomes era stato descritto come lo “zar della ricerca” di Google, amato per la sua capacità di comunicare tra i reparti.

    Ogni singolo articolo che ho letto sulla permanenza di Gomes in Google parlava di un uomo profondamente radicato nelle fondamenta di una delle tecnologie più importanti mai realizzate, che aveva dedicato decenni al mantenimento di un prodotto con una - per citare lo stesso Gomes - "guida alla luce del servizio all’utente e dell’utilizzo della tecnologia per farlo”. E quando finalmente gli furono date le chiavi del regno – la capacità di elevare ulteriormente la ricerca di Google – fu preso per il culo da una serie di marci carrieristi che cercavano di compiacere Wall Street, guidati da Prabhakar Raghavan.

    Vuoi sapere qual era il vecchio lavoro di Prabhakar Raghavan? Cosa ha fatto Prabhakar Raghavan, il nuovo capo della Ricerca Google, il ragazzo che ha fatto fallire la Ricerca Google, il ragazzo che attualmente sta distruggendo la ricerca, prima del suo lavoro in Google?

    È stato a capo della ricerca per Yahoo dal 2005 al 2012, un periodo tumultuoso che ne ha cementato il declino terminale e ha visto di fatto la società uscire del tutto dal mercato della ricerca. Le sue responsabilità? Ricerca e sviluppo per i prodotti di ricerca e annunci di Yahoo.

    Quando Raghavan si unì alla società, Yahoo deteneva una quota di mercato del 30,4%, non lontano dal 36,9% di Google e molto più avanti del 15,7% di MSN Search. Nel maggio 2012 Yahoo era sceso al 13,4% e si era ridotto nei nove mesi consecutivi precedenti, venendo battuto anche dal nuovo Bing. Nello stesso anno, Yahoo ha subito i licenziamenti più grandi della sua storia aziendale, perdendo quasi 2.000 dipendenti, ovvero il 14% della sua forza lavoro complessiva.

    L'uomo che ha deposto Ben Gomes - qualcuno che ha lavorato su Ricerca Google fin dall'inizio - era così schifoso nel suo lavoro che nel 2009 Yahoo ha effettivamente gettato la spugna sulla propria tecnologia di ricerca, scegliendo invece di concedere in licenza il motore di Bing in un periodo di dieci anni. Affare. Se osserviamo una visione a lungo termine, ciò probabilmente ha accelerato il declino complessivo dell’azienda, che è passata da un valore di 125 miliardi di dollari al culmine della bolla delle Dot Com all’essere venduta a Verizon per 4,8 miliardi di dollari nel 2017.

    Con la ricerca non più una priorità e con meno soldi per l’azienda, Yahoo ha deciso di puntare sul web 2.0 e sui contenuti originali, facendo alcune scommesse che hanno dato i loro frutti, ma troppe, troppe che non hanno funzionato. Ha speso 1,1 miliardi di dollari su Tumblr nel 2013, per poi essere venduto da Verizon per soli 3 milioni di dollari nel 2019. Ha acquistato Zimbra nel 2007, apparentemente per competere con la nuova suite di produttività di Google Apps, solo per venderla (per una frazione del prezzo di acquisto originale) a VMware qualche anno dopo. Yahoo era un'azienda senza missione, scopo o obiettivo. Nessuno – e, suppongo, anche quelli alla guida dell’azienda – sapeva davvero cosa fosse o cosa facesse.

    In un’intervista con Dan Farber di ZDNet del 2005, Raghavan ha parlato del suo intento di “allineare gli incentivi commerciali di un miliardo di fornitori di contenuti con buone intenzioni sociali” mentre era in Yahoo, e del suo desiderio di “ispirare il pubblico a fornire più dati. Prima di ciò, è difficile scoprire esattamente cosa abbia fatto Raghavan: secondo ZDNet, ha trascorso “14 anni facendo ricerca e ricerca di data mining presso IBM”.

    Nell'aprile 2011, il Guardian ha pubblicato un'intervista con Raghavan definendolo "l'arma segreta di Yahoo", descrivendo il suo piano di effettuare "ricerche e pratiche scientifiche rigorose... per informare l'attività di Yahoo, dall'e-mail alla pubblicità", e come sotto l'allora CEO Carol Bartz , “l’attenzione si è spostata sullo sviluppo diretto di nuovi prodotti”. Si parla dell'"approccio scientifico" di Raghavan e della sua "logica all'innovazione costante e basata sui processi, che è molto diversa dalla percezione comune secondo cui le idee e lo sviluppo riguardano più fortuna e spontaneità", una frase che condivido con voi solo perché ho bisogno per farti vedere quanto sia stupido e quanto fossero speciosi i riconoscimenti della stampa tecnologica. L’intero articolo è ridicolo, così assolutamente vacuo che sono davvero sbalordito. Cosa della carriera di Raghavan lo ha fatto sembrare giusto? Come mai nessuno ha collegato questi punti prima e ha detto qualcosa? Sono pazzo?

    Per essere chiari, si tratta di qualcosa scritto diversi anni dopo che Yahoo aveva concesso in licenza il suo motore di ricerca a Microsoft in un accordo finanziario di cui Marisa Mayer, che ha sostituito Bartz, era ancora arrabbiata per anni. Il regno di Raghavan come “maestro della ricerca” ha avuto un tale successo che è stato sostituito da un motore di ricerca che nessuna persona al mondo ama pronunciare ad alta voce.

    Questo articolo del Guardian fu pubblicato esattamente un anno prima del drammatico licenziamento di Yahoo che comportò il licenziamento di intere divisioni di persone, e quattro mesi prima che Carol Bartz venisse licenziata telefonicamente dall'allora presidente Roy Bostock. Il suo sostituto – Scott Thompson, che in precedenza era presidente di PayPal – sarebbe durato solo cinque mesi nel ruolo prima di essere sostituito anche lui dall’ex dirigente di Google Marissa Mayer, in parte perché è emerso che aveva mentito sul suo curriculum riguardo alla laurea in informatica. .

    Bartz è entrato in Yahoo nel 2009 in seguito al rifiuto del precedente CEO Jerry Yang di vendere la società a Microsoft per 45 miliardi di dollari. Nel suo primo anno, ha licenziato centinaia di persone e ha stretto un accordo per potenziare la ricerca di Yahoo utilizzando la tecnologia del motore di ricerca Bing di Microsoft, con Microsoft che pagava a Yahoo l'88% delle entrate ottenute dalle ricerche: un accordo che ha fruttato a Yahoo un paio di centinaia di milioni di dollari. per aver consegnato le chiavi della sua piattaforma più trafficata.

    Come ho affermato in precedenza, quando Prabhakar Ragahavan, l’arma segreta di Yahoo, stava facendo il suo lavoro, Yahoo Search era così prezioso che fu sostituito con Bing. L’unico valore dell’azienda, per molti versi, era interamente guidato dalla nostalgia e dall’associazione con i giorni precedenti a quello in cui lavorava lì.

    Un cattivo quasi anonimo

    È molto, molto difficile trovare molto sulla storia di Raghavan - mi ci sono volute ore esplorando i risultati di Google per trovare i tre o quattro articoli che andassero in modo approfondito su di lui - ma da quello che ho raccolto, la sua esperienza risiede principalmente nel " fallendo”, scalando i ranghi della tecnologia sulla spinta delle esplosioni da lui causate. In un’intervista a WIRED del 2021, Steven Levy ha affermato che Raghavan “non è il CEO di Google: gestisce semplicemente l’azienda” e ha descritto la sua aggiunta all’azienda come “un passaggio dalla ricerca alla gestione”.

    Sebbene Levy lo definisca uno "scienziato informatico di livello mondiale che ha scritto testi definitivi nel campo", descrive anche Raghavan come "la scelta di un percorso gestionale", che sicuramente corrisponde a tutto ciò che ho scoperto su di lui. Raghavan dichiara con orgoglio che "la tecnologia pubblicitaria di terze parti di Google svolge un ruolo fondamentale nel mantenere vivo il giornalismo" in un momento in cui incentivava in modo aggressivo i contenuti ottimizzati per i motori di ricerca e un anno dopo aver deposto qualcuno a cui importava davvero qualcosa della ricerca.

    Sotto Raghavan, Google è diventato meno affidabile, meno trasparente ed è dominato da aggregatori ottimizzati per i motori di ricerca, pubblicità e vero e proprio spam.

    Come ho sostenuto in precedenza, noi, con buone ragioni, ci lamentiamo continuamente dello stato di Twitter sotto Elon Musk, ma direi che Raghavan (e, per estensione, il CEO di Google Sundar Pichai) meritano altrettante critiche, se non di più, per il danno che hanno arrecato alla società. Perché Google è l’elemento essenziale per eccellenza dell’infrastruttura online, proprio come le linee elettriche e le condutture idriche lo sono nel regno fisico.

    Raghavan e i suoi amici lavorarono per spodestare Ben Gomes, un uomo che aveva dedicato buona parte della sua vita a rendere le informazioni mondiali più accessibili, bruciando al suolo la Biblioteca di Alessandria in modo che Pichai potesse guadagnare più di 200 milioni di dollari al anno.

    E Raghavan – un manager assunto da Sundar Pichai, ex membro della McKinsey e manager di professione – è un esempio di tutto ciò che è sbagliato nel settore tecnologico. Nonostante la sua storia di vero scienziato informatico con reali credenziali accademiche, Raghavan ha scelto di demolire i lavoratori reali e sostituirli con leccapiedi che avrebbero reso Google più redditizio e meno utile per il mondo in generale.

    Da quando Prabhakar ha preso le redini nel 2020, la Ricerca Google è diminuita drasticamente, con i numerosi aggiornamenti di ricerca "principali" presumibilmente apportati per migliorare la qualità dei risultati che hanno avuto un effetto negativo, aumentando la prevalenza di contenuti spam ottimizzati per i motori di ricerca.

    È perché le persone che gestiscono il settore tecnologico non sono più quelle che lo hanno costruito. Larry Page e Sergey Brin hanno lasciato Google nel dicembre 2019 (lo stesso anno del fiasco di Code Yellow) e, sebbene rimangano azionisti di controllo, chiaramente non gliene frega più niente di cosa significhi "Google". Prabhakar Raghavan è un manager e la sua carriera, da quello che posso dire, è composta principalmente da "ha fatto alcune cose in IBM, non è riuscito a creare qualcosa di degno di nota per Yahoo e ha incasinato Google così gravemente che ogni organo di stampa ha pubblicato una storia su quanto sia brutto.

    Questo è il risultato del togliere la tecnologia dalle mani dei veri costruttori per consegnarla ai manager in un momento in cui “management” è sinonimo di “stare il più lontano possibile dal lavoro vero e proprio”. E quando sei un inattivo che cerca di trarre il massimo profitto, ti interessa solo la crescita. Non sei un utente, sei un parassita, e sono questi parassiti che hanno dominato e stanno prosciugando il settore tecnologico del suo valore.

    La storia di Raghavan è unica, nella misura in cui il danno che è riuscito a infliggere (o, se vogliamo essere eccezionalmente caritatevoli, non è riuscito a evitare nel caso di Yahoo) a due aziende leader del settore, e il fatto che lo abbia fatto senza essere un CEO o fondatore. Forse la cosa più notevole è che è riuscito a raggiungere questo obiettivo mantenendo un certo grado di anonimato. Tutti sanno chi sono Musk e Zuckerberg, ma Raghavan lo conoscono solo nel suo angolo di Internet. O almeno lo era.

    Ora Raghavan ha detto a coloro che lavorano nella ricerca che la loro “nuova realtà operativa” è quella con meno risorse e meno tempo per fornire le cose. Rot Master Raghavan è qui per spremere quanto più possibile dal cadavere di un prodotto che ha picchiato a morte a mani nude.

    Raghavan è un economista corrotto e uno dei tanti manager che hanno causato danni incommensurabili a Internet in nome della crescita e del "valore per gli azionisti". promotori e segugi della crescita: sono le forze che distruggono la capacità della tecnologia di innovare.

    https://www.wheresyoured.at/the-men-who-killed-google/

    Fonti


    kal 1 Risposta
  • Contributor

    @lumar sì, letto qualche giorno fa ha fatto letteralmente il giro di internet e causato una risposta non richiesta direttamente da Google sulle pagine di Search Engine Roundtable:

    https://www.seroundtable.com/how-man-killed-google-search-report-37281.html

    E successiva risposta:

    https://www.wheresyoured.at/in-response-to-google/

    L'attacco personale a Raghavan è sicuramente esagerato nei toni ("computer scientist class traitor", WOW!)... ma CENTRATISSIMO sulle critiche.

    Qua lo dicevamo da ben prima che fosse cool:

    @kal ha detto in Shaking the cushions, ovvero: decenni di reputazione buttati nel cesso per Google:

    E il problema grosso qua ragazzi è che il Mega Capo di entrambi È LA STESSA PERSONA. Prabhakar Raghavan.

    E anche:

    @kal ha detto in Shaking the cushions, ovvero: decenni di reputazione buttati nel cesso per Google:

    EDIT: ho verificato meglio e questa email è del 2019. Raghavan all'epoca era ancora capo di Ads e basta. POI l'hanno spostato anche su Search, nel 2020. E questo mi fa capire chi è che ha vinto la battaglia... ANNAMOBBENE!!!


    lumar 1 Risposta