- Home
- Categorie
- Impresa, Fisco e Leggi
- Leggi per le Professioni Web
- Divieto di utilizzo di parole italiane (registrate?)
-
@vnotarfrancesco said:
Ciao rockaffe, la parola che hai citato è vero che non rappresenta alcun oggeto d'uso comune ma è un marchio registrato all'Ufficio Italiano Brevetti e Marchi il cui database è liberamente consultabile anche on-line.
Domdanda: ho cercato ora su internet micromagia, e ho capito che nel mondo dei giochi di prestigio è una parola comune o comunque fa parte del mondo dei giochi di prestigio. Mi chiedo ora se sia possibile difendersi davanti ad un tribunale sostenendo di avere il diritto di essere gli unici a poter utilizzare una parola comune.
Una cosa, IMHO, è un marchio come "ferrari", parola tutt'altro che di uso comune, ma un'altra è porta, perchè altrimenti io mi registro "porta" e poi intimo a tutti i costruttori di "porte" di pagarmi per poter utilizzare quella parola.
Anche per la questione "uso" del marchio è un po' ampia come cosa IMHO, perchè non mi puo' essere vietato di utilizzare l'espressione "vendo ferrari XYZ" o "vendo corso di micromagia", mentre mi puo' essere vietato far si che la gente pensi che io costruisca le ferrari.
Io fossi in te sentirei un avvocato esperto del settore e non un generalista. Ho lavorato per 2.5 anni presso un grosso studio di Avvocati e posso dirti che un avvocato competente nel penale, ad esempio, pecca nel comparto IT (e viceversa ovviamente).
M.
-
Grazie a tutti per le risposte, la mia linea di pensiero come già ho scritto è simile a quella di ziobudda: ok per un marchio come magari nutella o simili, ma un termine che è di uso più che comune ed è oltretutto su decine di pubblicazioni e altri siti...
Aspetto ancora qualche parere e poi contatto il mio legale.
Grazie ancora
-
Non ci sono dubbi in materia, come fatto notare da vnotarfrancesco, il marchio è registrato, quindi non lo si può usare liberamente, senza far riferimento ogni volta al titolare del marchio. Se invece che fare riferimento al marchio, vuoi semplicemente fare riferimento alla categoria "micro magia" allora la cosa, secondo me, è libera. D'altra parte nel dizionario italiano non esiste micromagia, ergo non è una parola che puoi usare.
L'unica via è chiedere l'autorizzazione a usarla o chiedere loro parere se la modifica con l'aggiunta dello spazio sia ritenuta ugualmente lesiva. Solo in questo caso sarebbe da sentire un avvocato, ma ritengo che sia vana speranza, visti i costi di queste cause.
-
@redsector: nel vocabolario italiano non esiste neppure "social network" pero' non penso di poter andare a registrare un marchio "valido" chiamato "social network".
Concordo con te sulla differenziazione tra marchio e parola, ma io sentirei comunque un avvocato esperto nel campo per sapere se veramente l'uso della parola "micromagia" all'esterno di articoli in cui possa essere associato ad un marchio, è negata o meno a causa di questo marchio. PErchè se così fosse vado subito a registrare tutti i termini anglosassoni o i più utilizzati che oramai sono di uso comune ma che non sono all'interno di un vocabolario e vivo di rendita.
M.
-
Peraltro accedendo al database dei marchi registrati come mi è stato consigliato è vero che esiste una domanda per la registrazione, che però sembra non essere ancora essere stata accettata.
-
Micromagia è un marchio registrato che fa a capo a un prodotto legato proprio a quello di cui parla rockaffe, quindi non c'è storia.
Se il sito parlasse di una storia fantasy in cui un mago fa una micromagia per far sparire un mazzo di chiavi, sarebbe un errore di ortografia non punibile.Se registri un marchio, per proteggerlo, devi sfruttarlo. Non è così semplice , anche perché registrarlo costa danaro. Chi lo registra lo fa solo perché vuole difenderlo o perché ha soldi da buttare.
La registrazione di un marchio servo solo a dare data e forma certe a un logo, non è detto che qualcun'altro lo stia già usando da tempo. In questo caso se può provare di usarlo da prima, nessuno lo può perseguire.
Tra l'altro, andando a spulciare il Devoto-Oli, mi si narra che micro è sempre e solo un suffisso, ergo viene a decadere l'ipotesi "micro magia", nessun giudice la lascerebbe passare.
Quindi si propone solo l'ipotesi di chiedere l'autorizzazione.
In ogni caso se rockaffe va da un legale, sarebbe bene che ci raccontasse quanto deciso, così da saperne di più anche noi.
-
Scusate, ma non vorrei dire, nel database dell'ufficio marchi e brevetti risulta che per micromagia è stata presentata domanda di registrazione, ma non è stata ancora accettata, infatti mancano il numero e la data di registrazione, quindi non è ancora un marchio protetto.
-
Ah, dipende anche per cosa è stato richiesto il marchio/brevetto e come è stata fatta la scrittura della richiesta.
M.
-
In realtà dipende da per che cosa viene accettato, cioè uno può presentare il marchio per proteggere la parola e la sua versione grafica, ma alla fine gli accettano solo la versione grafica.
Comunque secondo il Codice della proprietà industriale, a norma dell'articolo 15 della legge 12 dicembre 2002, n. 273 viene specificato che possono essere registrati come marchio parole nuove enon sono nuovi, ai sensi dell'articolo 7, i segni che alla data del deposito della domanda:
a) consistano esclusivamente in segni divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o negli usi costanti del commercio;
) siano identici o simili ad un segno già noto come marchio o segno distintivo di prodotti o servizi fabbricati, messi in commercio o prestati da altri per prodotti o servizi identici o affini, se a causa dell'identità o somiglianza tra i segni e dell'identità o affinità fra i prodotti o i servizi possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che può consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni. Si considera altresì noto il marchio che ai sensi dell'articolo 6-bis della Convenzione di Unione di Parigi per la proprietà industriale, testo riveduto a Stoccolma il 14 luglio 1967, ratificato con legge 28 aprile 1976, n. 424, sia notoriamente conosciuto presso il pubblico interessato, anche in forza della notorietà acquisita nello Stato attraverso la promozione del marchio. L'uso precedente del segno, quando non importi notorietà di esso, o importi notorietà puramente locale, non toglie la novità, ma il terzo preutente ha diritto di continuare nell'uso del marchio, anche ai fini della pubblicità, nei limiti della diffusione locale, nonostante la registrazione del marchio stesso. L'uso precedente del segno da parte del richiedente o del suo dante causa non e' di ostacolo alla registrazione;Ora basta notare che ci sono siti internet registrati con il termine micromagia e alcuni dei quali registrati da prima dal 2003, mentre il deposito della domanda è del domanda è 2010, perciò si può dire che il marchio non può essere registrato, e se viene registrato come termine allora è per un errore e può essere impugnato in sede giudiziaria.
-
Qualche aggiornamento: stamane sono stato in camera di commercio dove più o meno è stato riassunto quanto detto qui un po' da tutti.
Nello specifico:- Si qualsiasi parola viene accettata per la registrazione (la copertura ha in effetti valore all'atto di deposito della domanda) fino a prova contraria. Quindi come ventilato in teoria domani si può andare e registrare ad esempio il marchio "scarpe da calcio" e dal giorno dopo chiedere ai vari produttori di eliminare la parola, ovviamente non per email ma attraverso azione legale. Il buon senso ci lascia intendere che il giudice con tutta probabilità vieterà di depositare quel marchio perchè di uso comune.
- Esiste giurisprudenza riguardo il preuso e la possibilità di registrazione di un marchio già usato da terzi.
"In caso di un uso precedente da parte di terzi di un marchio non registrato (nel mio caso in uso dal 2006 e registrato dal tizio a febbraio 2010) che non importi notorietà puramente locale, i terzi medesimi hanno il diritto di continuare nell'uso del marchio, anche ai fini di pubblicità, nei limiti della diffusione locale, nonostante la registrazione del marchio stesso. - Il decreto legge 10 febbraio 2005 n.30 esclude la registrabilità di segni già noti come marchi o altri segni distintivi, se detta notorietà sia estesa a tutto il territorio nazionale o ad una parte rilevante di esso (nel caso specifico la parola micromagia è nota ed usata a livello nazionale da decenni).
- Una sentenza della Corte di Cassazione (n. 14342del 26 settembre 2003) ha affermato che: "Il preuso di un marchio di fatto con notorietà nazionale comporta tanto il diritto all'uso esecutivo del segno distintivo da parte del preutente, quanto l'invalidità del marchio successivamente registrato ad opera di terzi, venendo in tal caso a mancare il carattere della novità, che costituisce condizione per ottenerne validamente la registrazione".
- Infine da una sentenza del Tribunale di Roma sez IX (n.17493 del 19 agosto 2009) apprendiamo che: "possono costituire oggetto di registrazione come marchio d'impresa tutti i segni suscettibili di essere rappresentati graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, i suoni, la forma del prodotto o la confezione di esso purchè siano atti a distinguere i prodotti o i servizi di un'impresa da quelli altre imprese. La norma intende impedire il monopolio dello sfruttamento di espressione del parlare comune, la quale nel commercio deve essere adoperata per individuare un tipo di prodotto ovvero una funzione alla qualeun prodotto provvede, chiunque lo offra al mercato. Pertanto la norma sul presupposto che la protezione esclusiva di un segno debba premiare il suo autore per l'originalità di cui ha saputo connotarlo, vieta che tale premio venga attribuito a chi, senza alcun apporto di originalità, pretenda di togliere ai suoi concorrenti la libertà di usare espressioni utilizzate per indicare genericamente un prodotto (nel caso specifico la parola micromagia non indica alcun prodotto), ovvero per descrivere una funzione tipica, senza che da tale uso derivi alcuna aspettativa particolare connessa alla individuazione del produttore da parte del mercato.
Alla luce di tutto questo, non è revocabile in dubbio che il marchio di fatto riceva ampia tutela civile, penale e amministrativa, purchè rispetti i requisiti previsti dalla normativa speciale contenuti nel codice della proprietà industriale.